Hélène, tornerò sempre. La seta renderà tutti ricchi di nuovo. Comprerò, venderò bachi da seta. Costruirò un parco, una voliera piena di uccelli colorati provenienti da tutto il mondo. Li libereremo quando saremo felici, per vedere nell’aria il nostro futuro. Il Giappone… mi ha detto Baldabiou che si trovava lì, in fondo al mondo.
Il Giappone è la fine del mondo.
Io l’ho vista la fine. E ho visto la seta invisibile. Ho toccato quella seta, quel nulla e ho trovato quei colori. Ho costruito dei castelli senza di te che superassero il silenzio, la solitudine perfetta di Hara Kei. E ho visto quegli uccelli in gabbia, una ragazza, quegli occhi privi del taglio orientale, la guerra.
L’anima sconvolta, il suo messaggio: tornate o mi uccideranno.
Sono tornato lì, dovevo farlo, uccello in gabbia, amore impossibile, ma poi mi hanno obbligato a fuggire di nuovo, a disegnare il futuro con te Hélène.
L’amore non può essere una gabbia.
L’amore non è sentirsi in gabbia, non è claustrofobia esistenziale senza via di fuga: l’ho capito solo ora.
Madame Blanche ha tradotto i tuoi ideogrammi, orme di voce bruciata, ho scoperto che saresti voluta essere seta, come lei. Poi, ho scoperto di aver vissuto la meraviglia… castelli di seta: l’amore invisibile, l’amore con te.
[Oltre le 250 parole…]
P. S. | Post Scriptum Istantaneo
Castelli di seta è un omaggio al romanzo Seta di Alessandro Baricco