La trama di Post Office, in [massimo] 20 parole [No spoiler]
Henry “Hank” Chinaski racconta la sua “vita alcolica”, il suo lavoro all’ufficio postale. Postino, poi impiegato. Tutto inizia per sbaglio.
Post Office, recensione istantanea [massimo 250 parole]
Chi è Henry Chinaski?
Henry “Hank” Chinaski è la maschera letteraria di Bukowski. Misogino, erotomane, autolesionista, misantropo, dissacrante, ma brillante, Chinaski è fondamentalmente un alcolista.
La sua vita si infila tra gli angoli bui di una società – la Los Angeles, gli USA anni 60-70 degli hippie, del Vietnam, delle rivolte sociali – di cui l’ufficio postale è metonimia reificata, kafkiana.
Una società che sopravvive rastrellando ingiustizie, immoralità, cattiverie gratuite.
Chinaski lotta contro la “saggezza dello schiavo”.
Cerca libertà, piacere sfrenato: sesso, alcol, corse di cavalli. E a volte ci riesce, conquista la libertà, nonostante le Poste, i matrimoni sbagliati. Fino al finale, amaro, sottosopra.
La sua vita contromano fa sì che, Chinaski, estraneo al mondo – mai straniero come il Meursault di Camus – appaia il più umano di tutti di fronte alla deumanizzazione dilagante, alla guerra tra ultimi che Bukowski descrive con sarcasmo sprezzante derivato da una forte impronta autobiografica.
Henry Chinaski compare in 11 opere di Bukowski. Ben Gazzara, Matt Dillon, Mickey Rourke gli hanno dato un volto al cinema.
[Oltre le 250 parole…]
P.S. | Post Scriptum Istantaneo
Chi è Charles Bukowski?
Henry Charles “Hank” Bukowski (Andernach, 1920 – Los Angeles, 1994). Poeta, autore di racconti, romanziere. Il suo stile esplicito, anticonformista è simbolo del dirty realism americano. Post Office, il romanzo che lo rende celebre a livello mondiale.
Post Office, Charles Bukowski, frasi:
«Cominciò per sbaglio. … Ma non potevo fare a meno di pensare, Dio mio, questi postini, non fanno altro che infilare le loro lettere nelle cartelle e scopare. Questo è il lavoro che fa per me, oh, sì sì sì».
«Avevo visto uomini distrutti da quel lavoro. Si erano liquefatti. … o si liquefacevano o diventavano grassi, enormi, mettevano su certi culi, e certe pance. Era lo sgabello, e sempre gli stessi movimenti è sempre le stesse chiacchiere. E poi c’ero io, con i giramenti di testa e i dolori alle braccia, al collo, al petto, dappertutto. Dormivo tutto il giorno per recuperare le forze per lavorare la notte. Passavo i fine settimana a bere per dimenticare. Quand’ero arrivato pesavo 80 chili. Adesso pesavo 98 chili. Muovevo solo il braccio destro da undici anni».