Il processo alla polvere
Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza d’albergo, a Bunker Hill, nel cuore di Los Angeles. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione nei confronti dell’albergo. O pagavo o me ne andavo: così diceva il biglietto che la padrona mi aveva infilato sotto la porta. Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto.
Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché, senza che avesse fatto niente di male, una mattina fu arrestato. La cuoca della signora Grubach, la sua affittacamere, che ogni giorno verso le otto gli portava la colazione, quella volta non venne. Non era mai successo prima. K. aspettò ancora un poco, guardò dal suo cuscino la vecchia che abitava di fronte e lo stava osservando con una curiosità del tutto insolita per lei, ma poi, stupito e affamato insieme, suonò il campanello. Subito bussarono e un uomo che K. non aveva mai visto prima in quella casa entrò. Era slanciato ma di solida corporatura, indossava un abito nero attillato che, come quelli da viaggio, era provvisto di varie pieghe, tasche, fibbie, bottoni e cintura, e dava quindi l’impressione, senza che si capisse bene a che cosa dovesse servire, di essere particolarmente pratico. «Lei chi è?», chiese K. subito sollevandosi a metà nel letto.
[Oltre le 250 parole…]
P.S | Post Scriptum Istantaneo
Incipit tratti da…
Franz Kafka, Il Processo – edizione streetLib, Kindle.
John Fante, Chiedi alla Polvere – edizione Einaudi, Le Storie di Arturo Bandini
