Kentuki, romanzo di Samanta Schweblin pubblicato da Edizioni Sur, è la cronaca di un’invasione, pacifica e senza ostacoli, ma comunque un’invasione. I Kentuki sono virali, invadono quasi tutte le case del globo terracqueo. Graziosi o meno, topi, draghi, corvi, conigli di peluche sfilano nell’intimo dei loro sconosciuti proprietari, li spiano goffamente con le loro videocamere incorporate, con i loro occhi guidati da anonimi umani connessi via internet, adagiati sulla vita altrui. Schweblin cesella pagine che appaiono voler rispondere ironicamente alla domanda:
cosa significa virale?
Il romanzo risponde in maniera grottesca, inquietante: con l’invasione dei Kentuki, virtuale e reale si accartocciano, la simulazione si appropria del vivere quotidiano. I meccanismi dei reality show sono polverizzati: le relazioni umane si sottomettono volontariamente a una tecnologia senza limiti morali.
Dunque, Kentuki è un romanzo “tecnofobico”?
No, Schweblin piuttosto evidenzia esempi di inquietante, esclusivamente umano, disimpegno morale, mentre, implicitamente, ci chiede: si può scappare dalla vita reale?
Kentuki, romanzo di Samanta Schweblin ti incuriosisce?
P.S. | Post scriptum istantaneo
Chi è Samanta Schweblin?
Samanta Schweblin (Buenos Aires, 1978) è una scrittrice argentina. Raffinata e pluripremiata autrice di racconti, due le sue incursioni nel mondo del romanzo: Distanza di sicurezza e Kentuki. Nel 2021, Edizioni Sur pubblica l’edizione italiana della raccolta di racconti Sette Case Vuote.
–Oltre le 250 parole… la citazione istantanea:
Kentuki, Samanta Schweblin, frasi:
«Per prima cosa gli fecero vedere le tette. Si sedettero tutte e tre sul bordo del letto, davanti alla webcam, si tolsero la maglietta e, una dopo l’altra, si slacciarono il reggiseno … La webcam era montata negli occhi del peluche, che ogni tanto girava sulle tre ruote nascoste sotto la base, andava avanti o indietro. Qualcuno lo guidava, non si sapeva chi era o da dove lo faceva. A vederlo sembrava un panda non troppo ben fatto, anche se in realtà ricordava più una palla da rugby con una delle punte segata via in modo che potesse stare in piedi. Chiunque ci fosse dall’altra parte della webcam cercava di seguirle senza perdersi niente, così Amy lo alzò da terra e lo mise su uno sgabello perché le tette fossero alla sua altezza».