La trama di Vedrò Singapore? in [massimo] 20 parole [No spoiler]
Anni 30. Un anonimo ventenne “volontario aiutante di cancelleria” vaga per la provincia del nord est italiano. Vedrà mai Singapore?
Vedrò Singapore?, recensione istantanea [massimo 250 parole]
Pubblicato nel 1981, Vedrò Singapore? è un romanzo che, con acuta ironia e soffuso cinismo, fotografa la provincia italiana dei primi anni 30 del XX secolo.
Il fascismo è un’ombra che si impossessa di territori ancora “austriacanti” se non sloveni, tra le preture di Pontebba, Aidussina, disegnando la vita tra i caffè, gli amori, il bigliardo di Cividale. Udine, Venezia, Trieste, monumentali e seducenti, fanno da spettatrici ai movimenti del protagonista.
Egli, il protagonista, è poco più che ventenne quando vince, involontariamente, il concorso da “volontario aiutante di cancelleria”: quando, partendo dalle onde del Lago Maggiore, si lascia travolgere dalla corruzione, dall’utilitarismo, dalla mediocrità di personaggi offertigli dalla sorte a casaccio:
Personaggi definiti per professione, per ruolo sociale più che per il lato umano.
Anonimo e quindi ambiguo uomo comune, il protagonista a tratti perde coscienza di sé, l’identità, talvolta il proprio passato. Dapprima spettatore, quindi voglioso di gestire al meglio l’estate della vita, studia le mosse per passare un buon autunno, una vecchiaia tranquilla.
La sua pazzia simulata, il suo sguardo ribelle diventano romantica ricerca d’incanto, un viaggio d’amore.
Vedrà Singapore?
[Oltre le 250 parole…]
P. S. | Post Scriptum Istantaneo
Chi è Piero Chiara?
Piero Chiara (Luino, 1913 – Varese, 1986). Scrittore italiano tra i più noti del XX secolo. Oltre a Vedrò Singapore?, il suo capolavoro è La stanza del vescovo. Studioso di Giacomo Casanova, nel 1977 pubblica Il vero Casanova. I suoi romanzi sono stati spesso trasformati in film. In suo onore è stato creato il concorso letterario Premio Chiara.
Piero Chiara, Vedrò Singapore?, frasi:
«Di quello che ero stato e che non ricordavo, solo nella mia valigia restava qualche traccia. Il suo contenuto poteva offrirmi dei punti di riferimento.»
«Agli smarrimenti e alle smemoratezze ero così abituato, che invece di affliggermene me ne compiacevo, come di un secondo stato della mia esistenza, dentro il quale mi era possibile ogni tanto riposare dal primo stato, cioè dalla piena o quasi piena coscienza, che spesso mi opprimeva al pari di un abito troppo pesante o addirittura di una corazza.»