Il silenzio del giudizio
Il telefono suonava e ho sentito lo squillo. Ho afferrato il ricevitore. Non sono riuscito a capire bene.
Ho posato il telefono. Ho detto: “Amador.” E venuto, con quelle grosse labbra, e si è messo a parlare. Io scrutavo nel microscopio e il preparato non sembrava decifrabile. Ho scrutato di nuovo: “Sicuro, è cancerosa.”
Ma dietro la mitosi la macchia blu cominciava a svanire. “Anche queste lampadine si fondono, Amador.”
No; era lui che aveva staccato la presa inciampando nel filo. “Innesta!” Sta parlando al telefono. “Amador!” Così grasso, così sorridente. Parla piano, guarda, mi fissa. “Non ce ne sono più.”
Don Sebastiano Sanna Carboni, alle nove in punto, come tutte le sere, spinse indietro la poltrona, piegò accuratamente il giornale che aveva letto fino all’ultima riga, riassettò le piccole cose sulla scrivania, e si apprestò a scendere al piano terreno, nella modesta stanza che era da pranzo, di soggiorno, di studio per la nidiata dei figli, ed era l’unica viva nella grande casa, anche perché l’unica riscaldata da un vecchio caminetto.
Don Sebastiano era nobile, se è vero che Carlo Quinto aveva distribuito titoli di piccola nobiltà agli autoctoni sardi che avevano innestato gli olivastri nelle loro campagne (la grande nobiltà con tanto di predicato era quasi tutta cagliaritana, ed era praticamente straniera all’isola): ma il doppio cognome era solo un’apparenza, altro non essendo il Carboni che il nome della madre, aggiunto al Sanna, il vero e unico nome di famiglia, un poco per l’usanza spagnola, un poco per…
[Oltre le 250 parole…]
P.S | Post Scriptum Istantaneo
Incipit tratti da…
Luis Martín Santos, Tempo di silenzio – Edizione Universale Economica Feltrinelli, 1978
Salvatore Satta, Il giorno del giudizio – Edizione Adelphi, 1990
