American Psycho | Bret Easton Ellis

American Psycho | Bret Easton Ellis

American Psycho è un romanzo “terribile e comico” (Giuseppe Culicchia, traduttore dell’edizione Einaudi). Una rappresentazione volontariamente eccessiva della violenza che Ellis banalizza per mostrarci l’orrore, il male, la possibile deriva umana.

Il testo si ferma sulla pellicola superficiale dell’essere umano, sulla sua esteriorità che si esplicita nella bellezza del protagonista, Patrick Bateman, metafora deforme, nichilista dello yuppie postmoderno. Il suo apparire uomo da copertina stereotipato amplifica il vuoto della sua anima atarassica. Un vuoto alimentato dai continui, ripetuti, stucchevoli stereotipi elencati nel testo: brand, etichette, persone interscambiabili a seconda della maschera che indossano.

Sognatore psicopatico o serial killer?

Bateman si identifica in un paesaggio mediatico di icone, rappresentazioni tecnologicamente prodotte fino a perdere il senso del reale. Un significato che cerca di conquistare distruggendo (solo nella sua testa?) gli altri esseri viventi nella modalità più violenta (si legga “spettacolare”) possibile rifiutando qualunque sentimento, colpa, valore morale.

Testo che nel 1991 si proponeva come “tragica allegoria del mondo a venire” (Mirarchi), American Psycho elabora un pastiche grottesco, surreale simulazione della crisi di valori della società statunitense tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 del XX secolo.

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P.S. | Post scriptum istantaneo

Chi è Bret Easton Ellis?

Bret Easton Ellis (Los Angeles, 1964). Scrittore, sceneggiatore: Meno di zero, il primo romanzo. American Psycho, uno dei suoi migliori libri. Nel 2019 scrive Bianco.

Oltre le 250 parole… la citazione istantanea:

American Psycho, Bret Easton Ellis, frasi:

«c’è quest’idea di Patrick Bateman, una specie di astrazione, che tuttavia non ha nulla a che vedere con chi sono veramente … La mia personalità è abbozzata, informe, la mia crudeltà è radicata e persistente. La mia coscienza, la mia pietà, le mie speranze sono scomparse tanto tempo fa (probabilmente a Harvard) ammesso che siano mai esistite».

«La giustizia è morta. Paura, recriminazioni, innocenza, simpatia, colpa, perdita, fallimento, dolore, erano cose, emozioni, che nessuno sentiva più sul serio. Il pensiero è inutile, il mondo è privo di significato. Il male è l’unica cosa permanente. Dio non è vivo. L’amore non è degno di fiducia. La superficie, la superficie, la superficie, ecco l’unica cosa in cui ciascuno trovava un qualche significato… questa era la civiltà dal mio punto di vista, colossale e frastagliata…».